L'Italia del pizzo e delle mazzette by Bruno De Stefano

L'Italia del pizzo e delle mazzette by Bruno De Stefano

autore:Bruno De Stefano [Stefano, Bruno De]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton editori
pubblicato: 2020-03-08T23:00:00+00:00


La Salerno-Reggio Calabria, vergogna nazionale

Nello sterminato elenco dei beni che appartengono alla ’ndrangheta c’è anche un tratto di autostrada. È un pezzo della A3, la tristemente nota Salerno-Reggio Calabria, che avrebbe dovuto unire il Sud al resto del Paese e che invece è diventata una costosissima tortura a causa di lavori che non finiscono mai. Ma non è un caso se da anni lungo il percorso si incontrano ancora cantieri, ruspe e squadre di operai, perché dietro a quei lavori interminabili ci sono le cosche, che hanno tutto l’interesse a rallentare le opere di ammodernamento: più si procede lentamente, più i costi lievitano, più ci si arricchisce. In alcuni tratti i lavori avanzano di sette chilometri all’anno. Per il pm Gratteri la vicenda della A3 serve ai mafiosi anche per un altro motivo: «Il controllo della ’ndrangheta sulla Salerno-Reggio Calabria è totale. Non è soltanto il guadagno, non è soltanto la mazzetta del tre o del quattro per cento, è l’esternazione del potere. Perché il capoclan locale riesce a far assumere dieci, venti, trenta operai».

Come se fosse una proprietà privata, la mafia calabrese ha diviso l’autostrada in tanti segmenti, ciascuno dei quali è sotto il rigido controllo del clan che comanda nella zona. A rivelare le modalità con le quali i boss sono diventati “padroni” della Salerno-Reggio Calabria, è stato Antonino Di Dieco, un commercialista arruolato dalla famiglia Pesce di Cosenza. Dopo aver deciso di collaborare con la giustizia, Di Dieco ha spiegato che le principali cosche, i cui territori di “competenza” sono attraversati dall’autostrada, hanno raggiunto un accordo per il controllo dei lavori con la relativa riscossione delle tangenti (il tre per cento su ciascun appalto), e in alcuni casi il patto prevede l’imposizione di uomini e mezzi di imprese collegate alle ’ndrine. Ma vediamo com’è stata suddivisa la A3: il tratto che va da Mormanno a Tarsia è andato alle famiglie della sibaritide e a quelle di Cirò; il tratto da Tarsia a Falerna, alle famiglie di Cosenza; il tratto che va da Falerna a Pizzo, alle famiglie di Lamezia (Iannazzo); quello da Pizzo fino all’uscita Serra al clan Mancuso; ai Pesce il tratto compreso tra la giurisdizione di Serre e Rosarno; ai Piromalli il tratto rientrante nella giurisdizione di Gioia Tauro; alle famiglie Alvaro-Tripodi, Laurendi, Bertuca il restante tratto che da Palmi scende verso Reggio Calabria.

Secondo la Commissione parlamentare antimafia «ricostruendo geograficamente le tratte si può quindi affermare che i lavori vanno avanti sotto uno stretto controllo mafioso. Ovviamente questo non è estraneo all’enorme ritardo accumulato dalle imprese per la realizzazione dell’opera moltiplicando i suoi costi. Si è così evidenziato una sorta di “pedaggio” istituzionalizzato, da casello a casello».

Le ditte che non accettano di sottoscrivere accordi con i mafiosi e che non rispettano gli impegni, vanno incontro a minacce, furti e intimidazioni. Solo nel 2007 sono stati numerosi gli episodi denunciati alle forze dell’ordine. L’8 luglio a Ceramica, una frazione di Bagnara Calabra, nove colpi di pistola sono stati esplosi contro la macchina di un escavatorista pregiudicato, dipendente di una ditta impegnata nei lavori.



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